Do it for the Vine!

Il 17 gennaio 2017 Vine ha trasmesso l’ultimo bit, per poi raggiungere l’affollato cimitero dei social. Anche se c’è un po’ di Vine nei video di TikTok, in quelli di Snapchat, nelle soluzioni adottate da alcuni content creator su Youtube… a noi mancherà moltissimo

Per qualche anno, nel primo decennio del nuovo millennio, Vine è stata una vera e propria leggenda nel mondo dei social media, nonché la mia app preferita, perché faceva parte di quella avanguardia di applicazioni mobile che contribuì all’affermazione del video come strumento di comunicazione social.

L’unico modo per riguardare i vines…

Per Vine, è valso quel luogo comune secondo cui le cose migliori nascono per caso, perché quasi completamente per caso, è diventato il principale strumento per la realizzazione di video brevi su Internet.

Tutto è cominciato con un bel gruzzoletto: 30 milioni di dollari sborsati da Twitter nell’ottobre del 2012 per acquistare l’azienda, con l’obiettivo di promuovere Vine come la “perfetta versione video di Twitter”. La prima versione, gratuita, per IOS è uscita nel gennaio del 2013, seguita a stretto giro da quelle per Android e Windows Phone.

Ancora prima del lancio dell’app, quello che potrebbe sembrare un grosso limite per qualsiasi applicazione video degna di questo nome, ovvero il caratteristico limite di 6 secondi imposto da Vine sulla lunghezza dei video caricabili, è stato come benzina gettata sulla fiamma della creatività. Gli utenti hanno visto in questo vincolo una vera sfida, resa ancora più interessante dal modo con cui questi video venivano proposti dalla piattaforma. In Vine, infatti, ognuno di questi mini-video veniva riprodotto in loop, all’infinito, fino a che si decideva di passare a un altro video. Queste due caratteristiche hanno fatto di Vine un linguaggio a parte, un luogo dove poter sperimentare cose nuove.

Come ricorda il fondatore di Vine, Dom Hofmann, parlando del primo rapido sviluppo della sua creatura in una sorta di esperimento culturale: “[la direzione che stava prendendo Vine]…è diventata abbastanza chiara subito dopo il lancio. Guardare la comunità e lo strumento spingersi l’un l’altro era eccitante e irreale, e quasi subito divenne chiaro che la cultura di Vine si sarebbe spostata verso la creatività e la sperimentazione”.

Let's have six seconds of silence... for the vine.
https://thebottomline.as.ucsb.edu/2016/11/vine-is-dead-and-twitter-killed-it

Eppure, nonostante il successo, Vine ha faticato a estendere la sua base utenti, a trovare modi per attirare il mercato. Pur partendo da una posizione di vantaggio rispetto ad altre applicazioni video di tipo social, non è riuscita a star dietro ai concorrenti, soprattutto sul piano dello sviluppo di nuove funzionalità. Piattaforme come Snapchat, ma soprattutto Instagram, sono nate in un ambiente reso fertile proprio dal successo di Vine. e quando sono cresciute, alcune star di Vine hanno cominciato a chiedere un compenso per postare sulla piattaforma.

Un altro grande limite della piattaforma è stato quello di aver sempre rifiutato, a differenza di Twitter, la monetizzazione sotto forma di contenuti o account sponsorizzati.

Per un certo periodo, i brand sono stati felici di pagare direttamente le star di Vine per creare branded content da condividere con i loro milioni di seguaci, ma dopo che Snapchat e Instagram hanno iniziato ad avere centinaia di milioni di utenti giornalieri, e a supportare piattaforme di marketing, l’interesse dei marketer per Vine è diminuito significativamente.

Le star che erano diventate famose su Vine hanno continuato a pubblicare i loro lavori su altre piattaforme, ma paradossalmente la mancanza del limite dei 6 secondi, alla fine, è andato a scapito dell’originalità, della creatività e della qualità dei contenuti. 

Allo scenario bisogna aggiungere che Twitter all’epoca ebbe un lungo periodo di crisi che portò a chiudere Vine alla fine del 2016. 

Il 17 gennaio 2017 Vine ha trasmesso l’ultimo bit, per poi raggiungere l’affollato cimitero dei social. Negli app store dei nostri smartphone, il nome ancora spunta tra le liste delle app, ma solo perché contribuisce a comporre quello dell’app di editing video, “Vine Camera”, che manco a dirlo… è solo un’app di editing video. Tutta la community, la creatività, le risate, la leggerezza che hanno animato quei fantastici quattro anni di Vine si sono perduti, nel tempo, come lacrime, nella piog… no, scherzo, non è proprio così. Non lo è quasi mai su Internet.

via GIPHY

Le esperienze di successo, quelle particolarmente sentite dalla comunità, confluiscono in altre esperienze, cambiano nome, si evolvono. C’è un po’ di Vine nei video di TikTok, in quelli di Snapchat, nelle soluzioni adottate da alcuni content creator su Youtube… nulla si perde, tutto si trasforma. È la termodinamica di Internet, bellezza.

Certo, da un punto di vista puramente commerciale… le cose sono un po’ diverse. Vine è l’ennesima dimostrazione di come un’idea, seppure ottima, ha bisogno oggi di una progettualità che tenga in seria considerazione non solo i desideri del pubblico, ma anche quelli dei brand e dei content creator, perché, in fondo, è il giro di affari generato da loro che permette a tutti gli ingranaggi di funzionare a dovere.

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