Sui social si muove l’attivismo, o forse non si muove molto…
Gli utenti ricevono stimoli continui a partecipare e a condividere risposte e contenuti che spaziano dalla lotta al razzismo e alla crisi climatica, alle opere sui territori di infrastrutture energetiche e chi più ne ha, più ne metta.
Per alcuni questo fenomeno si definisce slacktivism o “attivismo pigro”, per altri clicktivism che, nel lemma dell’Oxford English Dictionary, viene definito come «l’uso dei social media e altri metodi online al fine di promuovere cause».
Se ne parla in un bell’articolo di approfondimento di Beatrice Cristalli sul sito Siamo Mine, è un pezzo che fornisce dati, scenari ma soprattutto sollecita la riflessione su come l’online abbia trasformato l’impegno civico.
Luciano Floridi, il filosofo che sta ragionando sui temi dell’Onlife, ha individuato già da tempo la perdita di distinzione del confine tra reale e virtuale, il cosiddetto Regno delle Mangrovie, ma nel caso dell’attivismo questo cosa comporterà?
Un impegno dematerializzato porterà a conseguenze inesistenti o concrete e da fronteggiare sugli stessi canali? Come dovrà comportarsi un’organizzazione, poniamo una società di sviluppo di energia, che non avrà più da affrontare il picchetto di comitati sul sito individuato per una nuova centrale ma una conversazione spropositata e sfavorevole tutta online?
Non ci sono ancora risposte ma certo è un fenomeno interessante da monitorare, intanto vi sentite più slacktivst o clicktivist???