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Post Coronavirus – Imprenditori: chi si salverà?

Basta una rapida ricerca su Google per stringhe come “settori più colpiti dal coronavirus” per rendersi conto che l’impatto del Covid19 sulle economie mondiali sarà devastante. 

Superando le considerazioni soggettive di ottimismo e pessimismo, in questo post vi condividiamo il nostro sguardo realista per capire chi sarà maggiormente colpito e soprattutto, cosa farà la differenza tra chi si salverà e chi no.

Photo by Marco Bianchetti on Unsplash

Prima considerazione: l’arte di arrangiarsi

In queste settimane pullulano (tanto in tv, tanto su altri canali come YouTube) video di persone che “imparano” a fare cose per proprio conto:

  • Palestre chiuse? Ci si allena in casa, magari acquistando online attrezzatura costosa (Amazon e Decathlon sono stati saccheggiati)
  • Centri estetici e saloni da parrucchiere chiusi? Le ragazze tentano di tagliarsi e tingersi i capelli da sole
  • Ristoranti chiusi? Si riscopre il piacere di cucinare in casa e il lievito sparisce dagli scaffali, tanto da diventare sin da subito uno dei beni più irreperibili e ricercati sul mercato (bravi e tempestivi, a proposito, gli imprenditori di Bioenologia andati prontamente on air con una pressante campagna pubblicitaria sulla crema di lievito, disponibile a un prezzo decisamente premium, anche sul loro shop online: tempismo perfetto e comunicazione integrata. Chapeau!)
  • Niente cinema? Ci sono Netflix e Amazon Prime Video.

Eccetera, eccetera…

Seconda considerazione: la paura degli imprenditori

Proporzionalmente ai video di italiani alla riscoperta del fai-da-te, sono cresciute le dimostrazioni di ragionevole paura di imprenditori e rappresentanti di categoria: e se le persone cambiassero definitivamente le loro occasioni di consumo e non tornassero indietro?

Non è un timore infondato: perché tornare in pizzeria se ormai la pizza è buona anche in casa? Perché rinnovare l’abbonamento in palestra dopo avere speso cifre importanti per una home gym? 

Cosa farà la differenza?

Quale sarà il discrimine tra i professionisti che si riprenderanno con forza e quelli che non riusciranno ad alzare la saracinesca?

Distintività #1: la professionalità percepita

Il fai-da-te è l’alternativa possibile solo quando non si riconosce un vantaggio reale nel professionista.

Per chi, come noi, lavora nel digitale, la questione è vecchia come  il cucco: “il sito me lo fa mio cuggggino”, “i social me li gestisce un amico mio”, etc… etc… salvo poi aspettare tutti al varco che tornano piagnucolanti per le penalizzazioni di Google o per aver investito su Facebook e avere 6 persone di reach. Capita. 

Perché esistono e resistono certi atteggiamenti di faciloneria? Le spiegazioni possibili sono diverse:

  • non si conosce bene il settore e il prodotto: in questo caso non percepisce la differenza di valore. Parliamo di quella persona che non coglie la differenza tra un vino da cucina e un vino pregiato
  • non si ha la necessità di un prodotto o servizio di alta fascia
  • davvero quel prodotto o servizio non richiede una professionalità qualificata ma si preferisce esternalizzarlo per ragioni di tempo (o voglia)

La domanda da porvi per capire se siete in possesso di questo fattore differenziante oppure no, quindi, è: siete sostituibili?

Non da un concorrente, ma da un prodotto acquistato su Amazon o da un tutorial trovato su Wikihow o YouTube.

E se non siete sostituibili, siete sicuri che tutti lo stiano capendo? Comunicate in modo efficace la vostra differenza e la vostra value proposition?

Distintività #2: offrire esperienze, non prodotti

Cosa fa la differenza tra una cena elegante in un ristorante stellato e un pasto volante in un chiassoso fast food?

Qual è differenza tra un taglio di capelli del salone di bellezza in centro città e quello di un bravo parrucchiere di periferia?

La risposta è l’esperienza che si vive.

Le esperienze non sono replicabili a casa. Punto.

Una cena in un ristorante stellato non sta in ciò che è nel piatto, non solo almeno: è’ il “farsi belli”, è l’attesa, l’atteggiarsi “studiato” di fronte al cameriere che accoglie per prendere i cappotti e scostare la sedia, è il guardarsi intorno per ammirare l’arredamento fingendosi abituati a tanto lusso, assaggiare un grammo di crema di corallo o il risotto con la foglia d’oro solo per sentirsi un pascià… questa è l’esperienza.

Distintività #3: giocare d’anticipo per una visione di lungo periodo

Essere un mercato esperienziale al 100% è un’arma a doppio taglio: può rendervi insostituibili, ma può anche privare della possibilità di un piano b.

Non tutto è sostituibile con il valore percepito e l’offerta di un’esperienza.

Rimanere a bocca aperta davanti a uno spettacolo della natura, conoscere posti nuovi, bagnarsi i piedi nelle acque cristalline di un’isola… sono esperienze non replicabili e che saranno pesantemente limitate dagli effetti dell’epidemia. Ecco perché il turismo sarà uno dei settori più colpiti.

A quali soluzioni ispirarsi?

Disney, da oltre un mese, ha attivato campagne promozionali per le prenotazioni della stagione 2021 a Disneyland.

Ecco perchè si parla tanto in Italia di iniziative promozionali e di comunicazione volte a stimolare il turismo domestico

Ben vengano le iniziative per promuovere il turismo interno come il manifesto RiparTiAmo o #iorestoinitalia. Lo slogan di Disney, tuttavia, non è “facciamo conoscere Disneyland ai francesi”, ma “pagate adesso e venite da tutto il mondo nel 2021”. Si guarda oltre, per monetizzare oggi e garantirsi il futuro lontano. Il futuro prossimo seguirà dinamiche proprie e al momento imprevedibili. Se ci sarà la possibilità di muoversi, certamente saranno privilegiati gli spostamenti domestici, quindi una campagna di sensibilizzazione in quest’ottica può avere senso, ma è un tentativo che non può assorbire tutti le risorse disponibili.

E vedrete che nei prossimi mesi vedremo nascere tantissime iniziative legate al marketing turistico. Perchè, di fatto, è l’unica strada percorribile.

So what?

L’ambizione di questo articolo è di pungolare un’autocritica per gli imprenditori.

Ciò che è accaduto è qualcosa che nessun imprenditore avrebbe potuto prevedere o impedire. E’ stato un colpo tra capo e collo che non poteva essere evitato. E ora, per quanto sia un comportamento naturale, è inutile piangersi addosso. Per quanto possa essere doloroso, l’unico modo per affrontare gli eventi in modo costruttivo è alzare la testa, guardarsi allo specchio e fare una serena autocritica priva di auto-giustificazioni. 

Guardiamo noi stessi, come imprenditori, dritto negli occhi. Guardiamo la nostra attività. Mettiamoci nei panni dei nostri clienti e usiamo la nostra empatia per capire come veniamo percepiti e come viene percepito OGGI il prodotto/servizio che stiamo offrendo e come viene vista OGGI la nostra professionalità.

E poi chiedetevi: sono sostituibile? Offro un’esperienza? Come posso guardare al futuro con uno sguardo non miope?

Nessuno si salva da solo. Non ci si salverà “aspettando che passi la bufera”. L’integrazione delle competenze sarà cruciale, mai come in questo momento un passo facilone rischia di costare molto caro e di non avere rimedio.

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