Abbiamo recentemente collaborato alla realizzazione della Prassi di Riferimento per l’Orientamento al Mercato delle Organizzazioni Profit e Non-Profit, pubblicata da UNI e promossa dall’AISM.
Al suo interno il concetto di orientamento al mercato è definito come segue:
Filosofia aziendale e volontà consapevole ed esplicita delle organizzazioni e dei loro membri di creare valore per sé e per il mercato, in modo istituzionalizzato e in ottica di miglioramento continuo, attraverso l’identificazione, l’interpretazione, l’eventuale anticipazione e il soddisfacimento dei bisogni e delle aspettative del mercato stesso, coinvolgendolo ove possibile nella co-creazione del valore, nel rispetto dei principi etico-deontologici che contraddistinguono la nostra cultura e contribuendo al miglioramento del clima socio-economico del Paese, con ricadute positive anche dai punti di vista politico e istituzionale.
Come tutte le definizioni anche questa soffre della necessità di essere allo stesso tempo specifica alla disciplina e abbastanza generale da poter essere applicata a contesti diversi. Il rischio in questi casi è di non sentirla rilevante per il nostro caso specifico, ma siamo sicuramente tutti d’accordo sul fatto che l’orientamento al mercato sia una cosa importante.
Nella realtà è raro incontrare manager e aziende che non siano convinti di essere market oriented. E quando affronti il tema hai sempre la sensazione che le persone pensino a un qualcosa di teorico, a una frase fatta o a un concetto che va bene per i libri di marketing.
Per esperienza però, la realtà è molto differente.
Quindi, a parte le definizioni teoriche ecco quelli che a nostro avviso sono i sintomi della mancanza di orientamento al mercato. Ci sono 5 segnali da tenere in considerazione, vediamo quali.
1 – La sensazione di essere sommersi
Spesso gli imprenditori meno orientati al mercato soffrono di una sensazione di sopraffazione. Si sentono indietro rispetto al mondo che li circonda. Non si sentono “in controllo”, le cose vanno più veloci di loro. Non riescono a stare al passo.
Le notizie sembrano tutte importanti. I clienti sempre più esigenti, i concorrenti sembrano saperne una più del diavolo, partner e fornitori sono sempre più agguerriti, e lo scenario incerto che tutti abbiamo davanti li spaventa e li mette a disagio più del dovuto.
In questo caso il problema è che si dedica poco tempo all’investimento in conoscenza. Non si dedica tempo a identificare le cose importanti, a fare chiarezza e a mettere a fuoco veramente le caratteristiche dei clienti, dei concorrenti, della propria azienda (forze e debolezze), e dello scenario in cui si lavora (opportunità e minacce). Non si raccolgono informazioni né si fanno delle stime perché sostanzialmente si pensa di sapere già tutto.
Una cosa apparentemente banale come l’analisi SWOT può aiutare tanto
2 – Prodotti eccellenti, ma sembra che non interessi a nessuno
Un altro possibile sintomo ha a che fare con l’offerta. Molti imprenditori sostengono di vedere concorrenti con prodotti oggettivamente meno qualitativi e performanti dei loro avere più successo. I clienti gli sembrano indifferenti alla qualità dei prodotti e se anche la percepiscono e la riconoscono non considerano equilibrato il rapporto tra il valore che viene offerto e il prezzo che si chiede in cambio.
In questo caso molto spesso il problema è aver perso il contatto con i clienti, o il fatto di rivolgersi ai clienti sbagliati, magari enfatizzando aspetti dell’offerta che per loro non sono rilevanti. La qualità che fa la differenza è sempre quella “percepita” e la percezione è un fatto soggettivo, mai oggettivo. Dipende dalle esigenze e dalle aspettative individuali. Se non si lavora sul primo punto, conoscenza e chiarezza, anche sull’offerta la partita diventa difficile.
La cosa che aiuta qui è cercare di capire come le caratteristiche dei prodotti e servizi che offriamo si trasformano in benefici agli occhi dei clienti a cui ci vogliamo rivolgere.
3 – Il team di lavoro non è all’altezza
Altre volte ancora il problema è che il team di lavoro, sia interno che esterno (consulenti e agenzie), è passivo, aspetta indicazioni, si limita al compitino e ha poco spirito di iniziativa. I venditori ad esempio non hanno capito il prodotto, non sanno presentarlo, e chiedono sempre di proporre prezzi più aggressivi. L’imprenditore in genere si fida del suo team di lavoro, molto spesso sono le persone di sempre con cui ha costruito l’azienda. Ma manca quella marcia in più che sarebbe necessaria per fare veramente la differenza.
Il punto qui è che se si guardano solo i prodotti, sembra di essere in un vicolo cieco. Ci sono tante attività teoricamente da svolgere per migliorare i contatti e le interazioni con i clienti. Bisognerebbe provare a fissare degli obiettivi diversi, meno focalizzati sulle vendite e più sulla capacità di creare relazioni. Con obiettivi chiari e un’offerta costruita di conseguenza, infatti, è molto probabile che crescerà anche la motivazione delle persone e la loro propositività ed efficacia.
Modificare la prospettiva e ragionare avendo come punto di riferimento la mappatura del customer journey e dei vari punti di contatto da presidiare può essere un grande aiuto su questo punto.
4 – Poche interazioni social
Molte aziende che ci capita di incontrare sono presenti su varie piattaforme social e postano regolarmente contenuti seguendo un piano editoriale. Stanno adottando tutte le tecniche necessarie, studiano gli algoritmi, sperimentano le novità, hanno una routine che attiva un circolo di contatti fidati per dare un po’ di spinta ai contenuti non appena vengono pubblicati. Ma oltre a quello non ci sono interazioni o sono molto sporadiche.
In questo caso il problema sta nell’eccessiva focalizzazione sul piano editoriale e nell’autoreferenzialità. Molti racconti sull’azienda e sui fatti che la riguardano direttamente (un nuovo prodotto, un nuovo punto vendita, la partecipazione a una fiera) e pochi contenuti centrati sul modo in cui i suoi prodotti e servizi possono veramente fare la differenza nella vita dei clienti.
Bisognerebbe riflettere di più sul fatto che siamo tutti esseri in evoluzione e in trasformazione. Clienti inclusi. Quello che a loro interessa (e che dunque dovrebbe interessare anche chi ambisce a servirli) è come evolversi e trasformarsi nel modo più facile possibile e se i prodotti con cui entrano in contatto possono avere un ruolo in questo percorso.
5 – Clienti “mordi e fuggi” che cercano sempre l’occasione
E visto che parliamo di clienti. Spesso queste aziende hanno dei buoni clienti, molti dei quali sono “clienti storici” , ma quelli nuovi sono diversi. Sono i cosiddetti clienti “mordi e fuggi”. Cercano soprattutto il prezzo e la convenienza e sono pronti a cogliere la prima occasione per passare alla concorrenza.
Il punto è che oggi i clienti hanno tantissime alternative, questo è un fatto di scenario, e per essere rilevanti non basta più una vendita. La vendita è solo l’inizio di una relazione che poi si sviluppa e genera interazioni che vanno ad accrescere la customer experience e impattano sulla fidelizzazione. Per essere veramente orientati al mercato non si può trascurare questa relazione che, anzi, deve dovrebbe centrale nella strategia di marketing.
Se si riesce a lavorare in questo modo sarà più facile posizionare correttamente la nostra offerta, attrarre i clienti che veramente vogliamo e che possono addirittura aiutarci tramite i referral positivi ad attrarne di nuovi.
Questi sono a nostro avviso i sintomi più evidenti della mancanza di orientamento al mercato. Ne riconosci alcuni? Fissiamo una call e parliamone!
PS. se vuoi scaricare la UNI/PdR 133:2022 puoi farlo al seguente link